La realtà dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose Santi Ermagora e Fortunato condiviso tra tre Diocesi è ormai in atto e fra poco forse non la definiremo più «nuova realtà», perché si configurerà sempre di più come la dimensione normale dello studio della teologia nel nostro territorio.

È piuttosto interessante che, pur essendo tutti e a tutti i livelli consapevoli che da soli non si va da nessuna parte, permangano nella mente di tante persone utopie (in senso etimologico!) isolazioniste o indipendentiste, quando non di un improbabile ritorno a un passato identificato come l’età dell’oro, che alcuni immaginano di poter riprodurre in provetta e rilanciare nel mutato contesto storico culturale odierno. Possiamo verificarlo a livello sia ecclesiale sia politico.

Nonostante ciò, tuttavia, la storia non può regredire e nemmeno arrestarsi. Recentemente, in un suo intervento alla CEI, papa Francesco ha parlato di accorpamento di Diocesi; a livello pastorale ormai in tutta Italia (anche da noi) si stanno ideando e sperimentando progetti di collaborazione tra parrocchie; a livello politico-amministrativo anche i comuni si stanno attrezzando in questo senso. È chiaro che tali progetti non vogliono portare all’omologazione, ma alla messa in comune delle ricchezze. E le differenza vanno viste proprio come ricchezze.

Se ampliamo lo sguardo su un orizzonte più vasto, ci si accorge facilmente che, nonostante le reali criticità sottese al progetto di un’Europa unita – alcune sono emerse in modo molto interessante durante la tre giorni organizzata la scorsa primavera dalla Scuola Cattolica di Cultura di Udine e dal nostro Istituto – è ormai impensabile affrontare come singoli staterelli le formidabili sfide che sono poste a livello planetario dall’emergenza delle migrazioni di massa, da una realtà economico-finanziaria sempre più globalizzata, dalla questione ecologica, dal continuo sorgere di conflitti in ambito locale o regionale fino ai venti di guerra nucleare che ci riportano ai tempi dei blocchi contrapposti.

In tutto ciò, l’impegno culturale si dimostra urgente. È più che mai indispensabile investire in progetti che abbiano come obiettivo l’affinamento delle coscienze e la capacità di visione che sono tipiche dell’autentica profezia. La formazione teologica cristiana non solo non deve chiamarsi fuori, ma deve ri-scoprire la propria rilevanza in questa sfida. Vanno evitati evidentemente gli atteggiamenti narcisistici o autoreferenziali così come una presenza marginale, anodina e “perdente in partenza”, in favore della capacità e dell’audacia di intessere reti di collaborazione e di dialogo per ricevere dal mondo e offrire al mondo quell’aiuto di cui parla profeticamente il Concilio Vaticano II (cf. GS 40-45).

Tale atteggiamento globale – che papa Francesco definisce efficacemente «in uscita» – parte da un’osservazione molto acuta che lo stesso pontefice propone nell’enciclica Laudato si’. Le soluzioni dei grandi problemi dell’umanità non si ottengono unicamente con il varo di nuove leggi o con la sola azione diplomatica e politica o con iniziative di tipo economico-finanziario, ma si realizzano efficacemente se accanto a questi pur indispensabili provvedimenti, si riesce a incidere sulla maturazione di una coscienza individuale e collettiva, sul cambiamento degli stili di vita, sulla formazione di una nuova mentalità. Possiamo parlare di “conversione”? Sembrerebbe proprio di sì.

Umilmente, ma con decisione e autentica convinzione, anche il nostro Istituto Superiore di Scienze Religiose interdiocesano, realtà relazionale di formazione teologica, vuole impegnarsi in questa direzione. Buon Anno accademico a tutti e a tutte!

don Federico Grosso, pro-direttore

 

 

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